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Consigli, raccomandazioni e informazioni
Autore: Gabriella Sessa 24 aprile 2024
Terapia fisica vascolare Bemer con terapie fisiche nel nostro studio di massaggi medicali.
Autore: Gabriella Sessa 27 febbraio 2024
Massaggio medicale e sistema linfatico
massaggio cicatrici
Autore: Xavier Mercier 10 luglio 2020
Una lesione della cute e dei tessuti profondi crea dei meccanismi di riparazione naturali, che portano nel tempo a riunire i tessuti colmando gli spazi vuoti grazie alla presenza del tessuto connettivo, fibroso ed elastico. La cicatrice , quindi, è il risultato di questa riparazione del tessuto che non si organizza, però, seguendo le direzioni solite del tessuto dato che, dovendolo “ricucire” perde in elasticità e si unisce in modo indifferenziato molti strati, che andranno a vincolarsi tra loro quasi fossero “incollati”. Il tessuto perde flessibilità di movimento, e in questa zona interessata dalla cicatrice si alterano anche normali funzioni come il flusso sanguigno, linfatico, la presenza delle piccole terminazioni nervose che saranno bloccate. Il blocco dei tessuti altera la loro elasticità e, nei casi in cui non riescono più a scorrere tra loro si può definire aderenza cicatriziale. Nei casi in cui, invece, la cicatrice sembra mobile e scatena dolore, si parla di cicatrice attiva. La differenza dipende dal trauma, dalla cura della ferita e dall’età (per i processi di riparazione della cute è certo una discriminante), e le cicatrici si differenziano a seconda del processo di sviluppo che possono avere. Sono presenti: cicatrici ipotrofiche: dove la pelle è molto sottile, che appaiono come smagliature oppure ustioni; questo tipo di cicatrici può riaprirsi; cicatrici ipertrofiche: in queste il tessuto si organizza seguendo delle trame “a corde” e sporge dalla pelle; cicatrici cheloidi: i cheloidi sono lesioni cicatriziali che si formano sulla cute in seguito alle lesioni, in modo esteso e diffondendosi anche nelle zone limitrofe. Si tratta di una patologia in cui si presenta una esagerata produzione di tessuto cicatriziale, e spesso la rimozione del tessuto cheloide viene richiesta a livello chirurgico per motivi estetici. Col trattamento manuale agiamo sulla cicatrice recente in modo da muovere e scollarne i tessuti, scollandola “pinzandola” per staccare i tessuti sottostanti. In questo primo momento del massaggio si possono sentire dei pruriti e pizzicori, visto che la sensibilità è differente rispetto a prima e può essere maggiore, durante l’intervento o il trauma che ha provocato la cicatrice, vengono lesionati i tessuti e le terminazioni nervose. Trattiamo una cicatrice recente, senza timore di manipolarla perché in generale non si “aprono” i tessuti. Massaggiamo in modo da stringerli e alzarli verso l’alto, con la tecnica per la quale si simula il “pizzicare”. Il pincé-roulé o scollamento è una manovra che consiste nel sollevamento della pelle tra pollice ed indice uniti, seguito dallo scorrere di indice, medio e anulare come se si volesse sentire la consistenza dei tessuti, plasmarli. Una manovra che agisce sul sistema vascolare accrescendone la mobilità sui piani profondi, e stimolandone le terminazioni sensitive. Teniamo una parte della cicatrice verso l’alto e tirare la pelle da un lato e poi dall’altro, e se notiamo che durante il trattamento la cicatrice cambia colore, sappiamo che deriva dal fatto che si sta vascolarizzando. Il cambiamento del colore nel tempo, invece, può essere dovuto ai piccoli capillari che si formano sul cheloide. Prendiamo e manipoliamo i lembi del tessuto, in particolare se la cicatrice è molto incollata la prendiamo tra le dita e facciamo una pressione verso l’alto ben decisa, e dopo anche verso il basso, per cercare di staccarla dai piani sottostanti. Nel massaggio della cicatrice , l’importante è cercare di scollare più possibile tessuti, facendo pressione sul taglio stesso in un senso e nell’altro. Potete tenere un pezzo di pelle con un dito e massaggiare in maniera circolare l’altra porzione vicina: con un dito si ferma e con l’altro si massaggia, per poi anche tirare e continuare a massaggiare. Se la trattate voi vi ricordo che non è consigliato utilizzare degli oli o delle creme per far scivolare le mani, perché è importante riuscire a prendere la pelle in modo deciso (cosa che difficilmente succede se utilizzate un olio). Solo alla fine potete utilizzare qualche prodotto, meglio se a fine trattamento si usano delle creme per schiarire la cicatrice, che vanno massaggiate con piccoli movimenti circolari sulla cicatrice stessa.
Autore: mywebsite 10 marzo 2020
Dopo ogni linfadenectomia , nel relativo quadrante linfatico è sempre latente lo sviluppo di un linfedema. Tale rischio aumenta se si combina la chirurgia con la radioterapia e/o la chemioterapia. Si stima nel caso di linfoadenectomie ascellari una percentuale di comparsa del linfedema fino al 20% che può salire al 30% se associata a radioterapia . La probabilità di comparsa del linfedema è correlata oltre che all’entità del danno, alla capacità del sistema linfatico di compensarlo secondo una variabilità individuale. Se il danno meccanico è troppo esteso o se permane troppo a lungo e il sistema linfatico non riesce più a compensarlo si crea un edema manifesto . Questo può avvenire a distanza di anni, generalmente uno o due, che costituiscono il periodo di latenza. Il passaggio dallo stadio latente a quello manifesto può essere influenzato anche dallo stile di vita del paziente, che dovrebbe essere informato in modo esaustivo sui rischi, senza essere allarmato inutilmente. Nei pazienti con danno meccanico del sistema linfatico è opportuno quindi promuovere sia uno stile di vita corretto per prevenire, per quanto possibile, il linfedema, sia una conoscenza della malattia, spesso sottovalutata, per intervenire tempestivamente . Il linfedema se trascurato o non trattato adeguatamente comporta un’evoluzione progressiva, variabilmente degenerativa, con aumento ingravescente dell’edema e reazioni connettivali dovute alla stasi linfostatica con accumulo di proteine e conseguente proliferazione anomala di tessuto fibroso e adiposo. Informare significa permettere al paziente di individuare i sintomi precocemente, quando l’edema linfatico può essere ancora reversibile. E’ possibile individuare i pazienti con maggiori probabilità di sviluppo di linfedema oncologico? In caso di carcinoma mammario una valutazione dei fattori di rischio legati all’intervento e alle caratteristiche individuali della paziente comprende evidenze significative: mastectomia rispetto a quadrantectomia, dissezione ascellare rispetto a linfonodo sentinella, numero di linfonodi asportati maggiore di 10, radioterapia, BMI elevato, presenza e numero di linfonodi metastatici. Altri potenziali fattori di rischio sono radioterapia in sede ascellare o sovraclaveare, infusione chemioterapica nell’arto omolaterale all’intervento, non svolgimento di regolare attività fisica dopo l’intervento e sieroma post-operatorio (1). Ai pazienti a rischio di sviluppare linfedema sono talvolta consigliati cicli di linfodrenaggio, che però, senza la presenza di edema manifesto, non hanno evidenza e nella maggior parte dei casi possono risultare uno spreco di risorse; l’unica utilità può essere che il fisioterapista in tale sede fornisca informazioni e consigli utili e monitori lo stato dell’edema. All’opposto spesso al paziente viene solo fornito un opuscolo informativo sul linfedema e sui comportamenti a rischio che possono provocarne l’insorgenza senza spiegazioni specifiche con il rischio di interpretazioni scorrette. Sarebbe auspicabile l’individuazione , al termine delle prime cure oncologiche, dei pazienti a rischio di sviluppare il linfedema per attuare un progetto di prevenzione primaria. Può essere sufficiente, infatti, una sola seduta educativa per informare il paziente sul corretto stile di vita da adottare, sul rischio di sviluppare un linfedema e sull’individuazione precoce dei sintomi. La seduta deve fornire le basi razionali e le spiegazioni scientifiche dell’efficacia di un trattamento o di un comportamento e motivare il paziente attraverso stimoli che rafforzino la volontà di aderire coscientemente al cambiamento dello stile di vita. Il paziente viene così informato senza essere allertato dell’esistenza di questa complicanza, della possibilità, in situazioni come la sua in cui il sistema linfatico ha subito un danno, della comparsa di edema e dei comportamenti da adottare. E’ importante che a queste spiegazioni sia data una base scientifica che permetta di differenziarle dalle informazioni non sempre corrette ma sempre più fruibili che si trovano su Internet o sulle riviste. In particolare durante la seduta saranno mostrate diapositive e immagini che illustrino in modo semplice e intuitivo i seguenti concetti discussi insieme al fisioterapista: Cos’è il linfedema? Perché si presenta in alcune persone e in altre no? Qual è la percentuale di insorgenza? Come si riconosce ai primi sintomi? In quali parti del corpo si può manifestare? Quali sono i comportamenti idonei a “prevenirlo”? Come comportarsi e a chi rivolgersi in caso di comparsa di edema per evitare trattamenti inutili e privi di evidenza scientifica? In caso di linfedema dell’arto superiore al primo stadio il trattamento precoce è in grado di indurre una regressione anche completa con un modesto impegno terapeutico. L’uso di un bracciale elastico di prima classe di compressione si è dimostrato in grado di ridurre in maniera pressochè completa entro un mese un linfedema appena insorto. In caso di comparsa del linfedema può essere indicato un tutore elastico leggero per un mese: se l’edema si riduce si sospende l’utilizzo del bracciale e si riprende la sorveglianza, mentre se l’edema aumenta si inizia il ciclo di terapia decongestiva. Un paziente correttamente educato e motivato adotterà uno stile di vita che ridurrà la possibilità di comparsa del linfedema e sarà in grado di riconoscerlo precocemente nel caso compaia. Un edema trattato tempestivamente può regredire o comunque essere fermato prima che possa provocare complicanze sfavorevoli per il paziente (mediche ma anche psicologiche e sociali) con un notevole risparmio di risorse anche economiche.
Autore: mywebsite 10 marzo 2020
Per insufficienza venosa cronica si intende un insieme di sintomi causati da un difficoltoso ritorno venoso . Il disturbo è molto diffuso, più nella popolazione femminile, e spesso sottostimato. L' insufficienza venosa cronica può essere distinta a seconda delle cause in : Organica dovuta a patologie delle vene come ad esempio varici o esiti di trombosi venosa. Le vene si dilatano e le valvole non sono in grado di consentire una completa chiusura rendendo difficoltoso il ritorno di sangue venoso verso il cuore. Tra le cause maggiormente coinvolte nel processo della malattia venosa si possono elencare la familiarità, l’ortostatismo prolungato oppure la prolungata stazione seduta, il sovrappeso, le gravidanze, precedenti trombosi venose. Funzionale dovuta ad un iperlavoro delle vene da sovraccarico funzionale. Le vene non presentano patologie ma sono costrette ad un lavoro eccessivo a causa per esempio di posture scorrette, posizioni statiche prolungate, linfedema. Posture alterate condizionano negativamente l'azione della pompa muscolare surale comportando edema e sintomi dell'insufficienza venosa. Inoltre alterazioni della forma della pianta del piede (come piattismo, malformazioni anatomiche e funzionali congenite o conseguenti a traumi o fratture del piede o della caviglia, malattie reumatologiche...) possono condurre ad uno scorretto appoggio a terra e di conseguenza ad una stasi venosa periferica. La correzione della postura mediante appositi plantari e l’eventuale utilizzo di una calza elastocompressiva possono rimettere in funzione il “cuore periferico” e migliorare i sintomi. Anche il linfedema può favorire l'insorgenza dell'isufficienza venosa in quanto comporta un maggiore lavoro delle vene. La diagnosi è di competenza del medico angiologo , a cui è consigliato rivolgersi per una visita specialistica. Cosa può fare il massaggiatore medicale ? Può trattare uno dei sintomi più frequenti, l'edema, con miglioramento del senso di pesantezza, del dolore e dell'aspetto estetico applicando i principi della terapia complessa decongestionante Inoltre valutare eventuali alterazioni posturali che potrebbero essere la causa dell'insufficienza della pompa muscolare. Può consigliare specifici esercizi e promuovere un corretto stile di vita. Può anche valutare la necessità di un plantare, se l'appoggio scorretto del piede è causa di insufficienza della pompa plantare.
Autore: mywebsite 10 marzo 2020
Per linfedema si intende una malattia causata da un mal funzionamento del sistema linfatico (insufficienza meccanica dei vasi linfatici ossia capacità fisiologica di trasporto linfatico ridotta) che determina stasi linfatica e produzione di un edema (gonfiore) ad elevato contenuto di proteine nell'interstizio. L'aumento di volume può avvenire in qualsiasi parte del corpo ma è più frequente a livello degli arti. Il linfedema si distingue in: linfedema primario o idiopatico La causa non è individuabile e il linfedema è presumibilmente dovuto ad un' alterazione genetica del sistema linfatico. La disfunzione può essere a carico dei linfonodi, dei collettori linfatici, delle fibrille di ancoraggio, delle valvole. L'edema può essere presente alla nascita, svilupparsi precocemente oppure dopo i trent'anni. Il gonfiore colpisce solitamente prima un arto ma è frequentemente bilaterale asimmetrico. Più spesso esordisce distalmente (dai piedi) per poi evolvere verso l'alto. Esistono dei test genetici, ma pochi linfedemi primari sono positivi al test. linfedema secondario E' dovuto ad un'ostruzione delle vie linfatiche, ad un danno del sistema linfatico (in seguito a traumi, interventi chirurgici o radioterapia) o al disuso (emiplegia, peraplegia o allettamento/ipomobilità). Il linfedema secondario più noto è quello oncologico dovuto all'asportazione chirurgica di linfonodi a causa di un tumore. Oggi grazie all'introduzione della tecnica del linfonodo sentinella i casi di linfedemi oncolocici si sono notevolmente ridotti ma riguardano comunque una porzione non sottovalutabile di linfoadenectomie. Si stima che circa il 20% delle donne mastectomizzate e sottoposte a linfoadenectomia sviluppi un linfedema e tale rischio aumenta se si associa la radioterapia. Come mai in alcune persone si forma il linfedema e in altre no? Semplificando molto spesso il danno subito dal sistema linfatico è compensato dal sistema linfatico stesso, dal sistema venoso o da altri meccanismi. E' opinione sempre più diffusa che la causa scatenante agisca su un sistema linfatico più fragile del normale. La stadiazione prevede una fase in cui il linfedema è ancora latente (non ci sono segni clinici ma il sistema di trasporto linfatico è limitato), una fase in cui l'edema è reversibile solitamente con il riposo notturno o con l'elevazione dell'arto, uno stadio in cui il gonfiore è sempre presente e il tessuto inizia ad indurirsi (edema organizzato o fibrosi). L'ultima fase è rappresentata da fibrosi diffusa, arto "a colonna" e disturbi secondari (come infezioni o limitazione dei movimenti). Uno dei segni distintivi del linfedema è la fovea, ossia l'impronta lasciata dalla pressione di un dito sulla cute. Inizialmente questo segno può non essere presente, mentre negi ultimi stadi è difficilmente evocabile. Più è profonda l'impronta più il tessuto è ricco di liquido. Il linfedema è comunque una malattia cronica e degenerativa . Se non curato o trattato in modo inadeguato, molto spesso, evolve progressivamente. L'edema aumenta e con questo il volume dell'arto. L'accumulo di proteine nel tessuto interstiziale determina una reazione connettivale che consiste in un'anomala produzione di tessuto fibrotico e/o adiposo (fibrosi/fibroliposclerosi) . Se il linfedema viene trattato adeguatamente può regredire molto fino ad essere poco visibile ed essere controllato con una corretta terapia conservativa (calza contenitiva e trattamento fisioterapico). Più precocemente si interviene più i risultati saranno apprezzabili e l'impegno di risorse, anche economiche, sarà ridotto.
Riflessologia plantare o riflessoterapia del piede (RTP)
Autore: mywebsite 28 febbraio 2020
Scoperta e sviluppo La RTP è un’antica pratica popolare usata per lenire problematiche di salute e, come per analoghe discipline, la sua origine si riconduce all’oriente, ma i suoi primordi agli indiani d’America. La formazione RTP avviene secondo uno standard internazionale, dove l’esperienza pratica è sempre documentata e la manualità è orientata verso una graduale “arte fluida”. Indicazioni • Sovraccarichi, stasi e deformazioni dell’apparato locomotore (ossa, articolazioni, muscoli…) • Disturbi funzionali del ciclo mestruale, disturbi addominali… • Sindromi da raffreddamento (acute e croniche) • Sovraccarico linfatico • Cefalee di genesi differente • Problematiche emotive, stress di varia natura (sonno/veglia, distonie vegetative) • Predisposizione alle infezioni allergie e intolleranze • Disturbi funzionali di organi e visceri, (gastrointestinali, renali e vescicali, pressori…) Tutte le persone possono essere trattate con la RTP, fatto salvo controindicazioni, cautele e precauzioni, che l’operatore valuta caso per caso con approfondita indagine sulla salute generale (anamnesi) della persona. Scopi terapeutici Per la persona e non contro la sua malattia o i suoi sintomi, che sono solo la punta dell’iceberg. Siccome opera per via riflessa e quindi distale, la RTP può essere utilizzata in caso di forti dolori localizzati o se si è in presenza di problematiche complesse. Ottima per l’induzione di un globale rilassamento, può essere adottata come semplice massaggio generale ristoratore, ma anche in questi casi, è sempre consigliabile affidarsi ad operatori professionisti. Come agisce Per via riflessa e lontana dall’organo (o sistema) di riferimento, dato uno stimolo. Alla sua base sta la supposizione che sia possibile localizzare, appunto per via riflessa, l’intero corpo tramite il piede (famoso il disegno della “persona seduta nel piede”) e sfrutta la capacità autorigenerativa esistente nell’uomo, anche per tramite del sistema neurovegetativo ed endocrino e che aiuta l’instaurarsi dell’omeostasi. Nel metodo RTP spicca l’approccio olistico ed il ruolo del terapeuta ne è parte integrante. Di grande importanza è perciò fin dall’inizio la cura della giusta postura (sia del cliente che dell’operatore) e l’approccio (empatia) con la persona da trattare, utile anche per conseguire un migliore trattamento e risultato. Il contatto tra terapista e cliente è fatto di fenomeni non sempre decifrabili con il solo intelletto.
Autore: mywebsite 27 febbraio 2020
Che cos’è l’auricoloterapia L’auricoloterapia consiste nell’intervento su specifici punti del padiglione auricolare a scopo terapeutico. Conosciuta anche come auricolopuntura o agopuntura auricolare, è una tecnica appartenente al corpus della Medicina Tradizionale Cinese. L’auricoloterapia si basa sull’assunto per cui il padiglione auricolare riproduce in maniera dettagliata l’insieme dell’organismo umano. L’orecchio è il luogo di confluenza di precisi canali energetici corrispondenti a organi e funzioni dell’organismo. Tali punti di agopuntura vengono stimolati, tramite diverse modalità, per trattare malattie organiche e squilibri energetici di vario tipo. Come disciplina, l’auricoloterapia nasce in Francia negli anni Cinquanta del XX secolo, ad opera di un medico di base di Lione, il Dott. Paul Nogier. Da allora l’auricoloterapia si è diffusa nel mondo dando origine a varie scuole, tra cui quella tedesca, quella americana e quella italiana. Dai lavori di Nogier vari scienziati sono partiti per sperimentare campi di intervento e nuove teorie. Tra questi si possono annoverare Bahr, Jarricot, Romoli, Oleson, Sponzilli, Bazzoni, Pagani, Pellin, Groblas-Levi e Bourdiol. Benefici e controindicazioni L’efficacia del trattamento si denota dopo le prime sedute, in particolar modo per terapie finalizzate a dipendenze da fumo, cibo e alcool. È proprio nell’ambito di queste ultime applicazioni che l’auricoloterapia gode di maggior successo tra la popolazione media, considerando anche la presenza di specifici stimolatori auricolari in commercio, sponsorizzati come utili per smettere di fumare o per dimagrire. Come l’agopuntura cinese, anche l’auricoloterapia viene caratterizzata da una scarsa presenza di effetti collaterali. Questo permette a tutte le fasce d’età di potersi avvicinare a tale disciplina e di sottoporsi a trattamenti di: CONTROLLO DEL DOLORE Trauma, post operatorio senza causa clinica evidente, fibromialgia, sindromi dolorose aspecifiche e dolori di vario genere, sindromi delle gambe senza riposo, cefalee, emicranie, nevralgia del trigemino. AIUTO NEL RECUPERO DEL PESO CORPOREO Fame nervosa, disturbi alimentari, difficoltà a dimagrire, protocolli effetti yo-yo, sostegno dell'umore durante il dimagrimento, drenaggio dei liquidi tossici in eccesso. FUNZIONALITÀ MUSCOLARE Riabilitazione del pavimento pelvico, diaframmatica, decontrazioni da stress, posturali, fasciali e tendinee, gomito del tennista, tonificazione muscolare. PROBLEMATICHE OSTEOARTICOLARI - INFIAMMATORIE ACUTE E CRONICHE Artriti, artrosi, problematiche connettivali e infiammatorie generali. DISINFIAMMAZIONE, DRENAGGIO, DETOSSIFICAZIONE Polmoni, reni, fegato, intestino e pelle. PROTOCOLLI DISSUEFAZIONE SOSTANZZE D’USO COMUNE Fumo da sigarette - Dipendenza da nicotina. PROTOCOLLI DI SOSTEGNO Stati ansiosi e depressivi lievi, umore ballerino, frustrazione, iperattività mentale, insonnia, acufeni, tintinnii, vertigini. PROTOCOLLI ACULIFTING Ringiovanimento del viso, borse sotto gli occhi, stimolazione delle fibre di collagene, drenaggio connettivo facciale.
Autore: mywebsite 12 febbraio 2020
Il drenaggio linfatico o linfodrenaggio fa parte del massaggio terapeutico che agisce sul sistema linfatico e può apportare benefici medici ed estetici (es. per trattare linfedema o rimedio per la cellulite). Un massaggiatore medicale è specializzato nel drenaggio linfatico o linfodrenaggio, conosce la “mappa linfatica” del corpo e può, con le sue manovre, aiutare la linfa ad andare nella corretta direzione. L’azione meccanica esercitata dalle sue mani può comprimere i tessuti congestionati (carichi di liquidi in eccesso) stimolando anche le pareti muscolari a contrarsi con una forza e una frequenza maggiore, effetto che perdurerà anche nelle ore successive al trattamento e migliorerà di seduta in seduta. Un massaggiatore medico può inoltre aiutare la linfa a trovare vie alternative per essere drenata, valido motivo per cui è preferibile rivolgersi ad un terapista qualificato. Quando si subisce un trauma (anche una banale distorsione) o si è sottoposti ad un intervento chirurgico o oncologico (per rimuovere un tumore), il massaggiatore medico competente è in grado di “creare” un percorso alternativo in modo che la linfa accumulata venga convogliata verso stazioni linfonodali o vie linfatiche non compromesse, che potranno quindi aiutare a drenare / sgonfiare le zone più problematiche. Patologie otorinolaringoiatriche: (sinusiti croniche)
Autore: mywebsite 12 marzo 2019
Spesso gli strappi muscolari avvengono in condizioni di scarso allenamento o quando il muscolo è particolarmente stanco, impreparato a sostenere lo sforzo (mancato riscaldamento). STRAPPO DI I° GRADO (fibre danneggiate <5%) :
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